Calderoli: un ministro piromane e bugiardo - La lega dappertutto nei Cda

375.000 leggi inutili, una dimostrazione fumogena che ha entusiasmato soltanto gli allocchi senza che i media filtrassero la notizia

 

Sfogliando “Il Fatto Quotidiano”, un articolo, a firma di Natalino Balasso, mi ha colpito particolarmente: voglio ricordare a tutti noi un aneddoto davvero sconcertante e passato sotto silenzio su tutta la stampa addormentata da anni e anni di assopimento cerebrale.

La cosiddetta formazione del “ce lo abbiamo duro”, del “padroni a casa nostra”, della secessione, di “Roma ladrona”, delle tante rivendicazioni in nome e per conto di un corpo elettorale che non sa vedere e non vuole approfondire i motivi per i quali ha votato, e continua a votare, Lega. Un partito che mentre accusa altri di essere “ladroni” piazza nelle amministrazioni i loro referenti, amici, parenti, figli (vedi Bossi jr., detto il trota), nei cda delle banche, nelle fondazioni e via cantando. Soltanto gli imbecilli non vedono, non sentono e non parlano. Insomma, ancora oggi le tre scimmiette di Simenon sono sul comò.

Ebbene, ricordate il ministro Calderoli, ministro della semplificazione normativa? Qualche mese fa si presentò in una piazza, armato di lanciafiamme, e di fronte a un mucchio enorme di carte, indirizzò il suo getto di fuoco producendo un grande falò e tanto fumo.

Già, tanto fumo, e basta. Un giochino per allocchi.

Disse che quelle carte altro non erano che le 375.000 leggi inutili che lui aveva individuate in circa un anno e mezzo. Naturalmente i giornali e le televisioni diedero la notizia senza approfondire nulla, con buona pace per tutti e qualche plauso da parte dei soliti italioti.

Come abbia fatto a scovare 375 mila leggi inutili in meno di un anno e mezzo? Ma il tempo per leggere quella mole enorme dove lo ha trovato? E poi, l’Italia non dispone di un numero così elevato di leggi. Che cazzate ha raccontato il leghista Calderoli?

Secondo Tremonti, infatti, le leggi in Italia non superano le 150 mila unità. Allora, come ha fatto Calderoli a trovarne 375 mila inutili, senza contare quelle utili che saranno pure qualche decina di migliaia? Semplice demagogia leghista: spararle grosse le panzane, tanto l’informazione, ormai, è in molta parte addomesticata, per il rimanente, escluso qualche rarissimo caso, non controlla le notizie. Prende per buone tutte le dichiarazioni che il potere ha interesse a trasmettere. Punto e basta.

Ricordo che in quel frangente Gian Antonio Stella (Corriere della Sera) calcolò che per approvare 375 mila leggi, il Parlamento italiano avrebbe dovuto lavorare giorno e notte ininterrottamente per tutti i 150 anni della storia dell’Italia unita, compresi i weekend, le vacanze, i periodi di guerra e approvarne, di leggi inutili, 7 al giorno, più quelle utili. Una immane boiata, insomma.
La tragedia è che tra le leggi che Calderoli ha bruciato e che sono evidentemente molte meno di 375 mila, ce ne erano alcune utili, per esempio il regio decreto  del 1866 che annetteva all’Italia il Veneto, un altro che annetteva la città di Mantova e una legge che stabiliva che il Canal Grande faceva parte delle proprietà di Venezia, ecc.

Quindi il risultato è che bruciate quelle leggi, oggi è come se il Veneto non fosse stato annesso all’Italia, è come se Mantova non fosse italiana, è come se il Canal Grande non fosse veneziano, quindi non si capisce di chi è il Veneto, Mantova e il Canal Grande, perché lui, il ministro, diventa un piromane con gli occhi fuori dalle orbite.
Questi sono i leghisti, che dire. O forse Calderoli l’ha fatto apposta a fare di tutta l’erba un fascio? Per i disegni politici che nutrono da anni, cioè quelli della secessione?

Quindi c’è anche il caso che il 17 marzo, quando il Capo dello Stato avvierà le celebrazioni del 150enario, l’Italia non abbia più i confini definiti che conoscevamo prima del rogo, magari ci facciamo ridare Nizza e Savoia dalla Francia, molliamo l’Alto Adige all’Austria, magari richiamiamo gli Asburgo…

Sono i guasti determinati da menti eccelse, come quella di Calderoli, appunto, che dopo essere stato uno degli artefici della legge elettorale che ha tolto il potere di scegliere ai cittadini, la definì lui stesso “una porcata”.

Good night & good luck


La Casta e gli affari…, loro!

Che si rimanga o che si vada a casa, le segreterie dei partiti continueranno a prendere i “rimborsi elettorali” fino al 2011 in aggiunta a quelli che una nuova legislatura prevede (300 milioni di euro!) - La norma approvata dal secondo governo Berlusconi

 

di Matteo Rossetti

Anche sciogliere le Camere e andare a votare è un affare per i partiti. Infatti, in base a una legge da loro modificata durante il governo Berlusconi, significa regalare 300 milioni di euro alle segreterie dei nostri rappresentanti, cento milioni all'anno per i prossimi tre anni, fino al 2011, scadenza naturale della XV legislatura. E chi ci rimette è lo Stato, cioè i cittadini.

Quello che i cittadini non sanno, infatti, e che nel febbraio 2006, ancora in sella il governo Berlusconi, interviene una piccolissima modifica alla legge che garantisce "l'erogazione del rimborso elettorale anche in caso di scioglimento delle Camere". Significa che i partiti rappresentati nel prossimo Parlamento prenderanno due volte il rimborso elettorale. Succederà cioè che oltre a prendere soldi fino al 2011 i nuovi rimborsi si aggiungeranno a quelli già in essere. Insomma,  votare conviene.

La "guida", in questo viaggio nello spreco, è Silvana Mura, deputata dell'Italia dei Valori e tesoriera del partito che per ben due volte, nella Finanziaria votata nel dicembre 2006 e in quella approvata a dicembre scorso, ha provato a cambiare le cose, ma la Casta è stata irremovibile, niet.

Mani pulite e il successivo referendum avevano abolito nel 1993 il finanziamento pubblico ai partiti, ma nel 1999 rispunta fuori, come un coniglio dal cilindro di un prestigiatore, sotto la dizione "rimborso elettorale". Il rimborso viene quantificato in 800 lire per ogni voto da erogarsi ogni anno.

L'arrivo dell'euro fa raddoppiare i prezzi di frutta e pane latte ecc., ma anche il rimborso ai partiti che, nel 2002 - governo Berlusconi -, da 800 lire passa a 1 euro tondo per ogni voto.

Nessuno dice niente, men che mai vengono informati i cittadini, coloro che pagano I rimborsi scattano per le Europee, Camera, Senato e Regionali.

Gli "scandali", così li chiama l'onorevole Mura, in questa pratica tutta italiana, sono almeno due. Il primo: "Il fondo dei rimborsi elettorali è una cifra fissa calcolata non in base a chi va effettivamente alle urne ma sul numero degli aventi diritto". Uno spreco nello spreco che vale qualche milione di euro. Il badget annuale, tanto per la Camera, tanto per il Senato, è pari a 49 milioni e 964 mila 574 euro. Ma il numero delle persone che vota non corrisponde mai agli aventi diritto, e il numero degli aventi diritto per il Senato è inferiore a quello della Camera.

Qualche esempio. Nel 2006 per la Camera ha votato l'83% degli aventi diritto. Se il rimborso fosse reale, cioè solo per chi ha votato, sarebbe stato pari a 41 milioni e 789 mila euro, "un risparmio", secondo i conti di Silvana Mura, di "otto milioni di euro all'anno". Per il Senato ha votato il 76% degli aventi diritto, pari a 38 milioni di euro circa con un risparmio di 11 milioni all'anno.

Altro sconcio è quello che tale rimborso è valido anche nel caso di scioglimento anticipato delle Camere. Fino al 2006 il rimborso, in caso di elezioni anticipate, veniva interrotto. Più che logico visto che con la nuova legislatura scatta quello nuovo.

Nel febbraio 2006, secondo governo Berlusconi, la norma viene così modificata. "In caso di scioglimento della Camere l'erogazione del rimborso è comunque effettuata". Una riga che vale qualche centinaia di milioni di euro a carico della collettività.

Così vanno le cose. "Una generosa liquidazione dovuta a una norma scandalosa che incentiva la fine anticipata della legislatura" dice Silvana Mura. Che accusa: "I partiti hanno trovato il modo di guadagnare anche sulle crisi di governo".

Un resoconto della Gazzetta Ufficiale documenta che Forza Italia prenderà comunque 12 milioni l'anno fino al 2011 oltre a quelli che incasserà per il rimborso della prossima legislatura. L'Ulivo ne prenderà circa 16 a cui potrà aggiungere quelli che riceverà il neonato Pd.

Insomma, non si può dire che la Casta non abbia pensato proprio a tutto, pur di sopravvivere sempre e comunque, a spese di noi tutti.


Sul “tesoretto” è scontro diretto fra Montezemolo e Prc

Il presidente della Confindustria vuole quei soldi per le aziende e il parziale risanamento pubblico, Rifondazione li vuole per il popolo dell’Unione, il ministro Damiano dice che il governo ha già le idee chiare: ci sono da destinare solo 2,5 miliardi…

 

Franco GiordanoLa polemica fra il presidente della Confindustria, Montezemolo, e Rifondazione Comunista, non accenna a placarsi, anzi. Di nuovo oggi, il capo degli industriali è tornato sull’argomento delle maggiori entrate fiscali, il famoso “tesoretto”, come lo chiama il presidente del Consiglio, Prodi, per ammonire che quei soldi devono essere impiegati in parte per sanare il disavanzo statale, il resto per le aziende.

Di diverso avviso il segretario del Prc, Giordano, che vorrebbe destinare quel maggiore gettito strutturale per una redistribuzione a favore del “popolo dell’Unione”, cioè ai lavoratori e alle classi meno abbienti, aggiungendo che “queste maggiori entrate devono favorire il rinnovo dei contratti. Il Paese reale ci dice che la precarietà e il lavoro nero sono la vera piaga dei lavoratori. Ecco perché - ha concluso - occorre un processo di redistribuzione. Oggi è iniziata la stagione del risarcimento sociale”.

Per quanto attiene alle indicazioni di Montezemolo, inoltre, lo stesso segretario di Rifondazione, ha affermato, in sintesi, che “quando si ha la pancia piena è difficile comprendere la fame altrui”.

Nella polemica a distanza si è inserito anche il ministro Damiano che a tale riguardo ha fatto sapere che il governo di quei soldi, del “tesoretto”, ha già le idee chiare di come impiegarli. “Una parte sarà utilizzata per ridurre il debito,come ci chiede l’Unione europea, una parte sarà destinata alle infrastrutture. Resteranno circa 2,5 mld di euro". “Risorse la cui destinazione sarà decisa ai tavoli di concertazione aperti su sviluppo, competitività, stato sociale e pubblico impiego".

 Damiano, inoltre, ha detto di condividere le priorità già espresse da Prodi, cioè quelle delle politiche per i giovani e il miglioramento delle pensioni. "Poi bisogna ovviamente chiudere il contratto del pubblico impiego – ha concluso il ministro -, e poi c'è un problema di salari legati alla produttività. Chissà, le risorse potrebbero anche aumentare nelle prossime settimane, e allora…".


Chiuso a Bari il vertice Prodi-Putin: maggiore cooperazione sull'energia

I due leader hanno firmato 10 accordi bilaterali: tre governativi e gli altri con aziende - Nei colloqui discussi anche i temi dei diritti umani e della libertà di stampa

 

Nell’incontro, svoltosi a Bari, fra i due presidenti Prodi e Putin, tanti i temi toccati e tante le intese raggiunte. Si può parlare già di un grosso successo sia politico, sia economico messo a segno da ambedue gli statisti. Energia, industria aerospaziale ma anche i conflitti di Afghanistan e in Kosovo, e i diritti umani: sono stati questi i principali temi affrontati oggi a Bari nel vertice intergovernativo tra il premier Romano Prodi e il presidente russo Vladimir Putin. Un incontro, che a detta di Prodi, nel corso conferenza stampa congiunta tenuta al Teatro Comunale Piccinni, si è rivelato “straordinario, la migliore testimonianza della partnership strategica fra l'Italia e la Russia". Una partnership che ora l'Italia intende allargare, ha asserito Prodi, assicurando che non verrà posta "alcuna barriera agli investimenti russi in Italia".

Finito il vertice i due presidenti hanno raggiunto a piedi il Castello Svevo, per una visita. E al Castello Svevo sono stati siglati i dieci accordi oggetto dei vari incontri tra ministri e i rappresentanti di diverse importanti aziende private e pubbliche, dall'Eni alle Ferrovie.

Tra i temi principali del summit, quello dell'energia, a partire dall'intesa tra Eni e Gazprom, appare essere il più significativo, quello che, ha sottolineato il premier, "è un modello". Prodi ha aggiunto che si è anche trattato con grande interesse dell'intesa tra Alenia e Sukoi.

"Abbiamo condiviso – ha detto Prodi - la necessità di rafforzare i rapporti tra l'Unione Europea e la Russia, possibilmente con un accordo e una partnership di cooperazione, la più ampia possibile, anche per l'energia". Parlando poi degli altri temi sul tappeto il premier ha spiegato che si è parlato anche dei diritti civili e della libertà di stampa.

Tra i temi di discussione anche i conflitti di rilevanza mondiale. "E' impossibile risolvere con la forza i conflitti", ha osservato Putin durante la conferenza stampa rispondendo alla domanda di un giornalista e riferendosi a Iran, Afghanistan, Kosovo e "altri focolai". "Abbiamo parlato lungamente dell'Afghanistan e della necessità di uno sforzo internazionale per poter riportare la pace e costruire una conferenza di pace", ha aggiunto Prodi.

Tre gli accordi bilaterali tra ministri. Nella mattinata, contemporaneamente al vertice tra Putin e Prodi, si sono tenuti numerosi summit tra i titolari italiani e russi della Difesa, dell'Economia, della Famiglia, dell'Università, delle Attività Produttive e degli Esteri. Toccato anche il versante delle adozioni fra Russia e Italia. "Oggi abbiamo fatto un importante passo avanti per definire il primo accordo con la Russia sulle adozioni internazionali. L'Italia è pioniera in questo e per questo dobbiamo procedere con cautela perchè questo sarà un accordo tipo per tutti gli altri Paesi", ha detto il ministro della Famiglia, Rosi Bindi, a conclusione dell'incontro con il collega russo Andrei Fursenko. Bindi ritiene che l'accordo definitivo possa essere firmato prima di agosto a Mosca.

Anche il ministro dell'Economia, Tommaso Padoa Schioppa si è mostrato molto soddisfatto dell'incontro durato circa 50 minuti, con il ministro russo Alexey Kudrin: "Un ottimo incontro", ha commentato sinteticamente, rispondendo alle domande dei giornalisti. Il ministro della Giustizia Clemente Mastella ha riferito di aver discusso con il collega russo "di come intensificare un rapporto già intenso, per quanto riguarda la cooperazione internazionale, che tocchi aspetti particolari come la criminalità organizzata".

Sono sono però mancate azioni di disturbo e di contrarietà nei confronti del regime russo. In mattinata, infatti, in coincidenza con l'arrivo delle delegazioni italiana e russa, si è svolta a Bari una manifestazione di protesta in piazza Ferrarerse, al di là della cosiddetta zona rossa. La manifestazione era promossa dal "Cccp", come ironicamente si sono chiamati i "comitati che contraccolgono Putin". L'iniziativa, con palloncini e uno striscione che chiedeva la garanzia e la tutela dei diritti umani, è stata promossa dai giovani di Rifondazione comunista e da alcune organizzazioni studentesche ed universitarie.

Ancora morti in Afghanistan durante un raid condotto dagli americani - Ai reporter sequestrati filmati e macchine fotografiche - Prodi affronta il Parlamento per rifinanziare una missione che, senza una ridefinizione dei compiti e dei tempi, rischia di diventare una voragine per il nostro bilancio

 

Onu marchioDopo i morti e feriti della scorsa settimana, prodotti da un ennesimo attentato terroristico a Nagarhar, oggi un nuovo attacco aereo notturno a Nijrab, ha prodotto altri nove molti e molti feriti. La rabbia della popolazione è salita alle stelle perché a produrre questi morti è stato un attacco americano in risposta alla strade dell’altro ieri. Infatti, come ritorsione un aereo statunitense ha bombardato una palazzina che crollando ha causato le vittime.

Ieri migliaia di manifestanti erano scesi in strada per protestare contro il governo Karzai e contro Washington, accusando gli americani di aver aperto il fuoco indiscriminatamente su veicoli civili dopo l'esplosione dell'autobomba. Un civile rimasto ferito ha detto all'Associated Press che i soldati americani “hanno sparato contro tutti, sia chi si trovava all'interno di veicoli, sia fra i passanti". Un ragazzo di 15 anni, inoltre, ha raccontato che le truppe hanno sparato 15 colpi contro l'auto su cui viaggiava. Alcuni fotografi e reporter di agenzie internazionali hanno dichiarato di essere stati minacciati da soldati americani e che in molti casi sono state loro sequestrate le macchine fotografiche e distrutti i filmati delle telecamere. Un bel clima, non c’è che dire. E la cosa più triste è che non si vede nulla all’orizzonte se non quella di continuare a finanziare questo stato di cose che, dopo anni, non ha prodotto nulla.

L’Afghanistan, terra amara e lontana dove nessuno, da sempre, è mai riuscito a conquistarla e governarla a pieno. Un popolo diverso? Forse. Certamente un contesto sociale, politico e culturale che nulla a che fare con il nostro modo di intendere la società. Una terra dominata dai signori della guerra che ora si alleano, ora tradiscono, ora appoggiano questo progetto, domani un altro. A seconda delle convenienze, dei finanziamenti, insomma del guadagno. Già anche lì, come in tutto il mondo, occidentale o no, “l’argent fa la guerre”.

Naturalmente assieme agli interessi di cui sopra, vi sono quelli dell’oppio. L’afghanistan ne produce una quantità enorme e sembra sia il secondo o il terzo paese produttore ed esportatore, più importante del mondo. Già ma noi che c’entriamo con tutto ciò? Noi siamo una nazione sì, una volta, millenni orsono, potentissima, con armate invincibili, e condottieri capaci di coinvolgere gli eserciti, e centinaia di migliaia di soldati che conquistarono e diedero la civiltà a tre quarti di mondo. Ma non parliamo di teatri di guerra ai giorni nostri… Vi ricordare la prima guerra mossa a Saddam cui anche noi fummo in prima fila? Già, due nostri Tornado, con piloti, si disse, ben addestrati, fecero appena in tempo a decollare che erano già stati abbattuti. Fortunatamente, loro si salvarono, furono imprigionati e poi liberati e successivamente…, promossi. Non sappiamo se per meriti o per automatismi. E allora? Se questa è la nostra storia, la nostra indole moderna, che ci siamo andati a fare in Irak? E che ci facciamo ancora in Afghanistan? L’Irak, fortunatamente, l’abbiamo abbandonata grazie a una elezione interna e il riconoscimento ormai internazionale, che quella guerra è una questione privata dell’America, che è stata montata ad arte tutta una serie di attacchi terroristici per giustificare l’aggressione all’Irak e al suo petrolio.

L’Italia, su mandato Onu, ha schierato, come altri Stati, le proprie truppe, a difesa di un governo, quello di Karzai, che in fatto di democratizzazione e di normalizzazione, lascia molto a desiderare. Il comando statunitense di questi militari, purtroppo, ogni giorno viene messo in discussione con continui attacchi e centinaia di morti, a Sud del Paese i talebani continuano a organizzarsi per sferrare nuovi e imponenti attacchi. In questo contesto, la Spagna e l’Italia vogliono ridiscutere i termini della propria presenza ridisegnando gli obiettivi e le priorità della propria presenza.

E intanto gli attentati proseguono facendo morti e feriti in concomitanza con la discussione al Parlamento per il rifinanziamento della nostra missione. Una missione e un impegno internazionale che ha prodotto una crisi del Governo Prodi e che ha lasciato strascichi laceranti fra la coalizione dell’Unione. Una missione maledetta che ci costa tantissimi soldi e che non offre alcuna garanzia di sbocco socio-politico a medio termine. Si continua a mettere dentro soldi e, molte vite umane, senza lo spiraglio di un ritorno alla normalità e alla sovranità di quella parte di mondo.

E’ questo che fa riflettere e produce distanze fra coloro che hanno aderito alla missione Onu. La mancanza, a distanza di anni di impegno, di una minima soluzione politica per quella regione. E’ questa la causa più importante di dissenso che qua e là cresce sia in Italia, sia in Spagna e nel resto d’Europa.

A quando una ridefinizione degli impegni, dei tempi, e degli sbocchi certi di questa crisi? Gli interventi militari non possono cominciare per scopi nobili e consolidarsi come occupazione perpetua di posizioni e obiettivi evanescenti, lontani, irraggiungibili. In appoggio soltanto a questo o quel signore della guerra nominato dagli Usa presidente di un popolo che, forse, non lo vuole, lo vede come fantoccio di Bush, e non come proprio leader.

 


Governo / Berlusconi respinge l’offerta di una larga intesa per il cambio della legge elettorale - Critiche a Lega, Udc e An

Il capo di Fi contrario a una riforma elettorale alla tedesca, basterebbe, a suo dire, aggiustare quella attuale spostando il premio di maggioranza da regionale a nazionale - Il leader del centrodestra non può che essere espresso da Fi che, oggi, conterebbe oltre il 33% degli elettori - Anche le liberalizzazioni, per l’ex premier, sono false e favoriscono le cooperative, definite “una metastasi dell’economia”

 

FIL1847“La legge elettorale è un falso problema. Si potrebbe votare anche con l’attuale sistema”. Questo in sintesi il pensiero di Berlusconi sull’invito rivolto alle opposizioni da Prodi per una larga intesa su una nuova legge elettorale che garantisca la stabilità dei governi e, soprattutto, la scelta dei propri rappresentanti da parte degli elettori e non delle segreterie dei partiti.

Il cavaliere è contrario a una modifica che dovesse ricalcare quella del modello tedesco o, ancora peggio, alla francese. Basterebbe modificare l’attuale legge (che noi abbiamo sempre considerato uno dei peggiori papocchi del governo Berlusconi – n.d.r.), spostando il premio di maggioranza anziché a livello regionale a quello nazionale. Toccando poi i temi della leadership del Centrodestra, Berlusconi ha affermato che, essendo Fi il maggior partito della coalizione e che in questo momento può contare oltre il 33% dei consensi, tocca a quest’ultimo esprimere il capo, anche perché, all’interno dello schieramento non vede nessuno capace e in grado di tenere insieme la Cdl. Critiche sono volate anche contro Marco Follini per il suo voto favorevole al Governo e che il cavaliere ha apostrofato come un “aspetto deteriore della vecchia politica”.

Ha criticato, infine, anche l’Udc di Casini che con la sua distinzione dalla Casa delle libertà e con la disponibilità a confrontarsi con la maggioranza su alcuni temi di comune interesse, come quello della riforma elettorale, non fa che accentuare la divisione a destra. La Lega e Fi, ha aggiunto Berlusconi, volevano le elezioni ma la divisione della Cdl, con i distinguo di An e altri, non hanno reso possibile questo sbocco. Uno sbocco che ha definito l’unico trasparente in un momento di grande imbarazzo sia in politica interna, sia in politica estera. Ha assicurato che la Cdl voterà a favore del rifinanziamento della missione in Afghanistan.


Governo / Bersani tiene duro: dal 5 marzo niente più balzelli per le ricariche telefoniche, televisive e internet

Le pressioni di Tim, Vodafone, Wind e 3Italia non hanno scalfito il granitico ministro che ha confermato la validità delle misure adottate - Diversificate le date di entrata in vigore delle nuove norme

 

Il Governo Prodi, e in special modo il ministro Bersani, lo avevano annunciato fin dal varo delle nuove norme: non ci saranno ripensamenti di nessuna natura. E così è stato. Infatti, dal 5 marzo tutti i “contributi fissi” che gli operatori di telecomunicazioni mobili impongono ai consumatori nel momento che acquistano una nuova ricarica per il telefonino, deve essere annullata. La conferma da Andrea Lulli, relatore al decreto legge sulle liberalizzazioni messo a punto dal ministro per lo Sviluppo, Pierluigi Bersani. Con un'aggiunta: in Commissione Attività Produttive è stato presentato dallo stesso Lulli un emendamento che prevede l'azzeramento dei costi di ricarica anche sulle schede prepagate per servizi televisivi e internet. Il provvedimento interesserà dunque le smart card vendute da Mediaset per vedere le partire di calcio e i film sulla tv digitale terrestre, così come quelle emesse da Telecom Italia per i programmi pay per view su La7 e attraverso Alice Home Video. Lo stesso trattamento riguarderà anche i providers internet che offrono connessioni in Rete con carte prepagate.

Diversificate anche le date di entrata in vigore. Mentre per lo stop agli extra-costi applicati dagli operatori telefonici è confermata la scadenza di 30 giorni prevista dal decreto (il 5 marzo, appunto), per le carte tv e internet si dovrà aspettare i 60 giorni entro i quali il provvedimento sarà convertito in legge dal Parlamento, cioè entro i primi giorni di aprile. Per le compagnie di telecomunicazioni l'impatto sarà tuttaltro che marginale. Basta pensare che nel 2005 siano attive circa 64 milioni di linee telefoniche con carte Tim «prepagate» (su un totale di 67 milioni di linee) e il “contributo fisso” per l'acquisto assicurano a Tim, Vodafone, Wind e 3 Italia un introito di 1,714 miliardi di euro.

I conti esatti li ha fatti l'Authority per le Comunicazioni nella sua ultima indagine: tolti 601 milioni di euro per le commissioni riconosciute ai rivenditori (tabaccherie e banche che vendono le ricariche nei bancomat), 75 milioni di costi operativi e 93 milioni di ammortamenti, è rimasto in tasca ai gestori un profitto netto di 945 milioni di euro. Un guadagno facile facile. E molto gradito agli azionisti: basta pensare che nel 2004, ultimo anno prima della fusione in Telecom Italia, il “balzello” sulle carte prepagate ha contribuito per quasi il 10% agli utili di Tim.

Dunque, dal 5 marzo scompare quella che è un'autentica anomalia italiana nel panorama europeo. Speriamo soltanto che attorno a questo problema la vigilanza non sia quella inadeguata e inammissibile che si verificò all’entrata in vigore dell’euro…


 

Prodi: “Berlusconi umilia l’Italia intera” – “La devolution e la legge elettorale non passeranno” – “La finanziaria? L’ultima spiaggia di chi fugge”

La bella giornata soleggiata ha favorito l’affluenza di oltre centomila manifestanti - Attorno al leader Prodi tutti i massimi esponenti della coalizione di sinistra - Forte pressione affinché ci sia grande partecipazione alle primarie

 

Una manifestazione come non se ne vedevano da tempo, quella organizzata dall’Unione a Roma, in Piazza del Popolo, contro la finanziaria e la legge elettorale che il Governo Berlusconi si appresta a varare in spregio alla volontà popolare che con un referendum ha scelto questo sistema di voto, il maggioritario. Ma si sa che quando si ha paura di perdere la poltrona, allora ecco che si può modificare tutto, o quasi tutto. Il fatto vero e semplice è che il Polo delle libertà, dopo oltre quattro anni di potere, ha prodotto tanto per salvare alcuni personaggi politici dai fulmini della magistratura, in primis il premier, e pochissimo per la società civile. Rispetto ai programmi iniziali presentati dal cavaliere in pompa magna durante la famosa trasmissione televisiva nella quale presentò il “patto”, i risultati sono stati davvero disastrosi. Gli italiani si sono impoveriti ancora un po’, la pletora di oltre 90 avvocati che Berlusconi mise in lista e fece eleggere, hanno prodotto soltanto leggi a favore del capo. Ultima beffa all’italiana, quella appena andata in onda alcuni giorni orsono: l’assoluzione in un importante processo perché il falso in bilancio non è più un reato. Già, un’altra legge che i suoi amici parlamentari hanno approvato proprio per salvare il loro capo dai processi pendenti.

E così, dopo lo sfaldamento sempre più profondo della Cdl, a sinistra ci si compatta sempre più. E’ un’onda di grande positività che parte dalle ultime elezioni regionali e amministrative che ha visto la disfatta totale e senza appello della politica del centrodestra in tutta la Penisola.

Naturalmente, nei partiti di governo l’acqua sale e può arrivare a un livello tale da fare affogare tutti. Insomma la paura di perdere le elezioni non è più una paura ma è quasi una certezza. E allora? Allora si propone di cambiare le regole del gioco durante la partita. Si vorrebbe tornare al proporzionale in modo che si possano garantire più voti di quanti ne prenderebbero con l’attuale sistema elettorale. Ma dopo le critiche furiose scatenatesi attorno alla proposta di legge sia da settori di centrodestra ma soprattutto nella sinistra ecco che per far sentire la loro voce e la loro volontà, l’Unione ha portato in piazza la gente. Un popolo di delusi, di cittadini che dopo tante promesse, si ritrovano, appunto, più poveri di prima e più arrabbiati, per dire no non solo alla proposta di cambio della legge elettorale ma anche a una finanziaria che, come lo stesso Prodi l’ha definita sembra fatta da una maggioranza che si rende conto di non esserlo più e tenta la fuga.

Una manifestazione imponente che ha fatto da cornice al discorso molto secco e molto conciso del leader dell’Unione Prodi. Che ha attaccato su tutti i fronti e senza risparmiare l’amarezza di essere stati per anni rappresentati da un governo che più che farci perdere onore e credibilità, altro non ha prodotto. Gli obiettivi dell’Unione sono stati riassunti in tre grandi e importanti no: no alla cosiddetta devolution; no al cambio della legge elettorale; no alla finanziaria che appesantirebbe soltanto la situazione attuale. Elezioni subito.